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Il Papa a Nicea e un'immagine scolpita nella mente

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Oggi papa Leone, nel breve discorso tenuto a Nicea nei pressi degli scavi archeologici dell'antica Basilica di San Neofito ha posto l'Incarnazione alla radice della dignità dell’uomo e della fraternità fra le persone. Se Dio s’incarna l’uomo “s’indìa”, con un neologismo coniato da Dante e ripreso da Leopardi. Ha detto il Papa: “Negando la divinità di Cristo, Ario lo ridusse a un semplice intermediario tra Dio e gli esseri umani, ignorando la realtà dell’Incarnazione, cosicché il divino e l’umano rimasero irrimediabilmente separati. Ma se Dio non si è fatto uomo, come possono i mortali partecipare alla sua vita immortale? Questo era in gioco a Nicea ed è in gioco oggi: la fede nel Dio che, in Gesù Cristo, si è fatto come noi per renderci partecipi della natura divina. […] Nel Credo Niceno professiamo la nostra fede «in un solo Dio Padre»; tuttavia, non sarebbe possibile invocare Dio come Padre se rifiutassimo di riconoscere come fratelli e sorelle gli altri uomini e donne, anch’...

Ecumenismo, a Venezia per ricordare il solco tracciato da Paolo VI e Athenagoras

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Il prossimo 2 dicembre, nella città lagunare, si terrà una celebrazione per i 60 anni dalla eliminazione delle scomuniche fra cattolici e ortodossi alla presenza del presidente della Cei, cardinale Zuppi, e del metropolita Polykarpos, arcivescovo ortodosso d’Italia ed esarca per l’Europa meridionale Fu uno dei momenti più significativi dell’epilogo del Concilio Vaticano II: la Dichiarazione comune di Papa Paolo VI e del Patriarca ecumenico Athenagoras I, «per togliere dalla memoria e nel mezzo della Chiesa le sentenze di scomunica dell’anno 1054», fu letta il 7 dicembre 1965 da uno degli artefici di quell’intesa, ovvero monsignor Johannes Willebrands, all’epoca segretario del Segretariato per l’unità dei cristiani. Contemporaneamente il testo veniva proclamato nella chiesa del Fanar a Istanbul. Sessant’anni dopo, l’abolizione delle scomuniche tra la Chiesa di Roma e quella di Costantinopoli verrà celebrata dalla Conferenza episcopale italiana e dalla Sacra arcidiocesi ortodoss...

L’Apocalisse non come fine, ma come rivelazione del senso

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Il Cristo che viene - e che giudica - non separa la storia in vincenti e perdenti, ma dischiude un futuro a chi non ne vede più uno. Il suo giudizio è promessa: “io verrò e abiterò in mezzo a voi”.  La sua parola rimette in piedi la dignità schiacciata e restituisce agli uomini il senso del tempo come  attesa feconda , non come cronaca che scivola via. Cristo giudice: non tribunale, ma rivelazione. Nell’Avvento, la Chiesa contempla il Figlio dell’uomo che torna “con gloria”. Non un giudizio che pesa le colpe soltanto, ma un giudizio che rimettere ordine tra ciò che è menzogna e ciò che è umano, tra ciò che umilia e ciò che custodisce, tra ciò che divora e ciò che genera. Cristo giudice rivela ciò che già siamo chiamati a diventare. Giudica togliendo le maschere, non togliendo la speranza. Per questo, nel Credo, la Chiesa proclama una verità che è insieme escatologica e presente:  “verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti”  - cioè  per...

A caccia di Hamas a Gaza

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T ra un’accusa e l’altra di violazione del cessate-il-fuoco, schierati in prima linea con uniformi diverse – alcuni in nero, altri in mimetica, con volto e testa coperti – ci sono gli uomini di Yasser Abu Shabab, leader palestinese delle Israeli-backed Popular Forces. Obiettivo della nuova missione: dare la caccia a Hamas nei tunnel.  Il gioco si è capovolto: dall’essere nel mirino dell'organizzazione islamista perché considerati traditori, ora sono loro a braccarli. Proprio in quei tunnel dove da settimane i miliziani di Hamas sono intrappolati e chiedono alle autorità internazionali di garantire loro la possibilità di uscire senza la pistola israeliana puntata addosso. Così, lo Stato ebraico ha delegato il compito di stanare il gruppo islamista a una milizia che conosce perfettamente la Striscia e i suoi tunnel – senza violare ufficialmente il cessate-il-fuoco e senza rischiare le vite dei propri soldati, dunque (ulteriormente) la pace sociale interna. Un...

G20&COP30: Il peso di Trump

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Com’era prevedibile, la COP30 in Brasile e il G20 in Sudafrica si sono svolti in sordina e all’insegna della cautela. Ha prevalso una gestione difensiva da parte delle rispettive presidenze – ambiziose appena un anno fa – aggravata da assenze di peso che hanno fatto molto rumore. In un mondo sempre più frammentato e imprevedibile, infatti, sono i rapporti bilaterali, soprattutto quelli tra Washington e Pechino, e le strategie di sicurezza nazionale ed economica a dettare il ritmo internazionale. Il risultato è la difficoltà di perseguire un’agenda comune in mancanza di una leadership credibile. Ora la palla passa rispettivamente alla Turchia col supporto australiano (per la COP) e agli Stati Uniti (per il G20). COP30 in Brasile: promesse disattese e nuovi equilibrismi Continua a leggere → di  Alberto Prina Cerai ,  ISPI    G20 in Sudafrica: evitato il peggio  Continua a leggere → di  Rocco Ronza ,  Università Cattolica e ISPI

Tra petrolio e oro. Le ultime cartucce di Mosca per non fallire

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  Nelle ore in cui Usa ed Europa lavorano a un piano di pace il più equo possibile e che abbracci anche le istanze dell’Ucraina, i numeri raccontano la grave e profonda crisi dell’economia russa, che potrebbe anche agevolare i negoziati. Oltre un terzo delle entrate da idrocarburi sono ormai evaporate, mentre Cina e India fanno asse nel ridurre le forniture dall’ex Urss. La quale comincia a piazzare sul mercato il proprio oro (Fonte: Formiche)